“Sa maestra, delle volte mio figlio è davvero molto diverso da come lo vorrei…”
Questo è uno dei messaggi che ho ricevuto privatamente e che mi sono permessa di condividere con voi (ovviamente in totale anonimato) perché emblematico della profondità di relazione e di libertà che si instaura (a volte) nel rapporto genitore-insegnante.
Uno degli aspetti che più mi piace e che continua a sorprendermi del mio lavoro è proprio questo rapporto di familiarità che si crea con i genitori (a volte le intere famiglie) dei miei bambini. Il lavorare insieme per lo stesso scopo, la cura e l’educazione del piccolo puledrino, dove percepito, crea un legame talmente forte che si abbassano le barriere della diffidenza e si arriva anche a condividere pensieri molto intimi.
A questa mamma, sempre per il principio di quella libertà creata, ho risposto: “Fortunatamente cara, così puoi accorgerti di quanto quel figlio, che è tuo, non è tuo, ma ti sia affidato.”
Da piccola mia mamma aveva appeso nella mia cameretta questa poesia di Khalil Gibran, penso più per se stessa che per me (anche se appena ebbi la possibilità di leggere, praticamente la imparai a memoria). Diceva così:
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee,
perché loro hanno le loro proprie idee. (..)


La poesia continua ed è molto bella quindi, se ne avete l’occasione, vi invito a cercarla e leggerla tutta. Ma oggi io non vorrei parlarvi tanto di quella poesia o della mia mamma ma più del tema della diversità del figlio.
Quel figlio che è nato dal vostro corpo ma in cui fate fatica a riconoscervi.
Come in “Fai Piano Michele”, il libro edito da @edizioni Clichy, in cui un padre bradipo, per natura molto calmo e molto lento, si trova ad avere un cucciolo come Michele: un bradipo che vuole imparare a saltare da un ramo all’altro, iperattivo, super agitato, a cui non piace troppo dormire. E questo non fa contento il papà di Michele, che più volte gli chiede di smetterla.
Ma Michele non può e non vuole essere diverso da quello che è. Con una forza, che solo i figli così diversi riescono ad avere, gli chiede di lasciargli intraprendere la sua strada e che alla fine sarà orgoglioso di lui.
Essendo un libro per bambini questi “lieto fine” arriva ben presto e con un fatto assolutamente inaspettato.
Ma (purtroppo) i tempi reali in cui arrivano i “lieto fine” o in cui si può anche solo cominciare ad intuire la bellezza della meta verso cui ci sta portando quella strada, spesso non sono così veloci.
Può passare molto tempo prima che i genitori si sentano orgogliosi di quel figlio così diverso da come lo si era sognato. Ma per quella che è la mia piccola esperienza, se viene davvero lasciato a quel piccolo lo spazio di rispettosa libertà di poter essere ciò che è, prima o poi lo spettacolo accade, ed è talmente spettacolare che vale ampiamente tutte le “sofferenze” del percorso (non solo del figlio ma anche dei genitori, che non desiderano altro che il compiersi di quel loro piccolo pezzo di cuore e che soffrono finchè non lo vedono finalmente conquistare il proprio posto nel mondo, quello per cui è stato fatto e che gli calza proprio a pennello).
Parola di figlia diversa.
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