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Il collezionista di insetti

il collezionista di insetti

Maestra vieni! Ho catturato una insetto stupendo…”

Quando ero a scuola in questo periodo, con il risveglio inoltrato della primavera, vivevamo sempre anche questa scenetta.

Un bambino, innamorato, come il protagonista del libro “Il collezionista di insetti”, e il classico gruppettino di femmine che correva via inorridito, magari cercando “protezione” vicino a me.

Non sono mai stata appassionata di insetti. Diciamo che ho iniziato a interessarmene, quando ho dovuto studiarli, per poterli insegnare.

E lì che ho scoperto un mondo, fatto di uova e di istinto, in cui ogni piccolo particolare è affascinate e emozionante. 

Perciò capisco i miei alunni come George, quando dopo una visita al museo della Scienza, insieme al nonno, scopre la sezione insetti e ne rimane folgorato. 

E come tutti gli uomini, quando si vede/scopre una cosa bella il primo desiderio che si ha ( come siamo bizzarri noi esseri umani) è quello di possederla, di portarla a casa, di curarla, di tenerla per sè.

Ma come il fiore che raccolgo, dopo due giorni appassisce, tanto da farmi sentire un po’ in colpa per averlo raccolto, così George davanti al nonno che osserva dubbioso il suo “bottino di insetti” e capisce di non aver fatto una cosa molto bella. 

“Le 🐝 contribuiscono a far spuntare tanti nuovi fiori, trasportando il polline dall’uno all’altro;

Le 🐞 aiutano mangiando fino a 500 parassiti al giorno;

Gli stercorari trasformano i rifiuti in mangime”

Insomma come tutte le cose veramente belle, si ha più gusto nel lasciarle libere che ne possederle. È così farà anche George. Andando un pochino contro il suo  “ istinto di possesso”, e seguendo lo sguardo del caro nonno scopre che il“santuario degli insetti” (come ribattezza il suo giardino), dove ognuno di loro può volare e circolare libero, è uno spettacolo da condividere con tutti i suoi amici e (ovviamente) con l’amato nonno. Perciò ancora più bello.

Lo consiglio a tutti quei bambini appassionati di insetti e a quelli con un po’ sempre in bocca la parola “mio”, dai 3 ai 5 anni.


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