Un albo che dialoga con la memoria e ci invita a nuove scoperte.
C’è una magia particolare quando due autori che hanno segnato l’immaginario di generazioni tornano a lavorare insieme dopo tanto tempo.
Michael Rosen e Helen Oxenbury, la coppia che nel 1989 ci ha regalato A caccia dell’orso – definito da Beatrice Masini “un prodigio” – tornano ora con Guarda un po’ (Mondadori, 2025).
E subito, appena dalla copertina, capiamo che il dialogo con quel primo capolavoro non è interrotto. Se allora c’erano fratellini in cammino verso destra, come a invitarci a spalancare il libro e lanciarci con loro nell’avventura, oggi incontriamo una bambina con un cappello che, pur avanzando nella stessa direzione, si volta indietro a osservare una fila bizzarra di animali.
Un filo sottile lega le due opere: il movimento, la fila, l’attesa di qualcosa che accadrà. Eppure qui tutto è diverso, a partire dallo sguardo, che non è più proiettato in avanti ma rivolto indietro.
Anche i risguardi raccontano un cambio di passo: nel primo albo si aprivano su un paesaggio marino invernale, vasto e sospeso. Qui invece ci accoglie un bambino solitario che canticchia, con una borsa della spesa in mano. La quotidianità prende il posto della natura selvaggia.
Un dettaglio nuovo e prezioso è la nota della traduttrice: un piccolo capitolo a sé, che ci accompagna con serietà e delicatezza dentro le scelte linguistiche, le difficoltà incontrate e perfino un suggerimento di gioco. Un invito a non fermarsi al testo ma ad abitarlo, farlo proprio.
Cambia anche la struttura visiva: in A caccia dell’orso Oxenbury alternava pagine in bianco e nero (il problema da affrontare) e a colori (la sfida vissuta), creando un ritmo quasi musicale. In Guarda un po’ questa soluzione non ritorna. La scansione rimane, ogni quattro pagine una scena si apre e si chiude dentro un riquadro, ma senza sfondi. Tutto rimane piatto, quasi per favorire l’accessibilità ai lettori più piccoli, che non rischiano di perdersi nei dettagli.
Eppure il testo di Rosen, con il suo passo ritmato e ironico, regala sostanza e profondità anche a chi bambino non lo è più. La storia è semplice e universale: un bambino va al mercato con un obiettivo preciso… ma torna a casa con tutt’altro. Vi è mai capitato? A noi, e ai nostri piccoli, succede spesso: partire per comprare il necessario e tornare carichi di cose “inutili” ma irresistibili.
La narrazione cresce, accumula, sale di tono – un climax ascendente che porta a chiedersi: come andrà a finire? Il finale sembra riportare ordine e soluzione, ma lascia comunque spazio all’interpretazione, anche grazie ai risguardi che aprono a possibilità nuove.
Insomma, Guarda un po’ è il fratello più giovane di A caccia dell’orso: porta con sé somiglianze, richiami e affetti, ma ha bisogno di essere guardato come qualcosa di inedito. Non solo confronto, ma scoperta.
Proprio come ogni nuova vita, ha bisogno di tempo, di cura, di essere letto insieme ai bambini. Solo così potrà rivelare fino in fondo tutta la sua potenzialità.
Vi invito allora a sfogliarlo senza fretta, con occhi nuovi. Perché, sì, Rosen e Oxenbury ci offrono un’eredità preziosa… ma anche un inizio tutto da esplorare.



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